mercoledì 18 dicembre 2013

Quanto sono utili le preferenze?

Sono passate ormai due settimane da quando la Corte Costituzionale ha posto fine alla ambigua vicenda sulla legge elettorale da tutti conosciuta con il nome "Porcellum". Questa legge, attaccata da tutti (compreso il suo stesso ideatore) mai cambiata da nessuno (se si esclude la corte, che non è un organo politico, come molti vorrebbero farci credere!) ha deciso le sorti del paese e della sua classe politica, per ben tre tornate elettorali. Cosa succederà però alle prossime elezioni? Se le cose non cambieranno, si andrà a votare con il vecchio e caro "Mattarellum" che come tutti sanno è un sistema elettorale nato con l'intento di introdurre per la prima volta in Italia il sistema maggioritario e, cosa cara a tutti, prevede l'utilizzo delle preferenze (almeno per i tre quarti dei seggi). Ma riflettendo un po' più affondo, quanto sono utili le preferenze all'elettore italiano e alla democrazia nel suo complesso?
Quando si devono analizzare fenomeni sociali, bisogna sempre stare molto attenti a non cadere in errore, ad esempio se vogliamo analizzare i meccanismi che regolano il mercato, bisogna preliminarmente esporre in quale contesto si svolge la nostra analisi, concorrenza perfetta, monopolio,oligopolio, etc. e quali assunzioni di base ci poniamo nello svolgere la nostra analisi. Lo stesso deve essere fatto se intendiamo andare ad analizzare quel  fenomeno sociale che è il meccanismo del voto di preferenza.
Se l'Italia fosse quel paese perfetto che tutti noi sogniamo, dove ogni cittadino nel prendere le proprie decisioni agisse in modo informato e consapevole, in un paese dove l'informazione fosse accessibile a tutti in egual misura e dove la preferenza dipendesse esclusivamente dalle proprie inclinazioni personali, sarei d'accordo con tutti nell'affermare che il meccanismo del voto di preferenza è utile e giusto.
Ma ahimè, l'Italia è ben lontana dall'essere il paese dei nostri sogni, in Italia molto spesso ci si reca a votare più per abitudine (oggi neanche più per quello, non ci si va proprio!) che per esprimere il proprio diritto e dovere di cittadino, spesso si conosce a malapena il nome di alcuni candidati, figuriamoci la loro storia e le loro idee, dove l'informazione anche con l'uso delle nuove tecnologie (che secondo il mio parere dovrebbero essere usate con più attenzione)  sono ancora di difficile accesso e dove spesso l'espressione di una preferenza rispecchia più l'espressione di un voto di scambio, che non l'espressione delle proprie inclinazioni, non vedo come il voto di preferenza possa essere così utile ai cittadini e alla democrazia, per dimostrare la sua inutilità vi è la storia, il debito pubblico di oggi è l'espressione di milioni di preferenze date negli ultimi trentanni, inoltre non scordiamo che molti politici, che oggi tutti attaccano, sono usciti fuori non per un caso fortuito o perchè voluti dal partito (per la maggior parte almeno!), ma escono fuori proprio dalle preferenze degli Italiani. Una volta dimostrata la scarsa utilità delle preferenze, vorrei capire invece cosa sarebbe utile all'elettore italiano. Se il problema della scarsa vicinanza tra l'elettorato e l'eletto non risiede nella mancanza del voto di preferenza, qual'è il vero problema?
A mio modesto parere, la questione andrebbe analizzata in una prospettiva diversa, non tra l'elettore e l'eletto, ma tra l'elettore ed il partito. Analizziamo nel dettaglio; senza preferenze l'elettore vota il partito che a sua volta sceglie l'eletto, quindi diciamo che il partito svolge una funzione di mediazione; con le preferenze l'elettore vota il candidato che fa parte di un partito, ma siccome non siamo in un mondo perfetto come abbiamo già detto, l'elettore medio non conoscendo nessun candidato si lascia guidare nella scelta dal partito, possiamo quindi affermare che anche in questo caso il partito svolge una funzione di mediazione. La vera questione quindi non è tanto tra preferenza si e preferenza no, il problema risiede nel rapporto di fiducia che si instaura tra elettore e partito (voi direte ma va, e che ci voleva tutto sto ragionamento per capirlo!) se vi è fiducia il sistema regge, se non vi è fiducia il sistema crolla, se la fiducia quindi è il cardine del sistema l'unico modo per far si che il sistema funzioni è ricreare quel rapporto di fiducia ormai perso tra partito e suoi elettori. Per riuscirci (e qui risiede la vera soluzione) i partiti devono tornare a svolgere quel ruolo che è alla base della loro esistenza stessa, di incubatori di idee e persone accomunate da un intento comune e comuni valori, capaci di  offrire ai loro elettori valide persone da scegliere come loro rappresentanti (e in quest'ultimo si vede la differenza tra partito e movimento!). 
Per riuscire in ciò i partiti devono come prima cosa aprirsi verso l'esterno, creando dei luoghi di confronto sempre più aperti e accessibili a chiunque ne sia interessato utilizzando anche i nuovi strumenti offerti dalla tecnologia (su questo Grillo è stato un pioniere!), devono cercare di avvicinarsi alle classe più giovani e sempre più presto visto che loro saranno gli elettori e gli eletti del futuro, devono dotarsi di regolamenti chiari e severi che puniscano ogni atto di strumentalizzazione del partito a scopi personali e infine (e questo il più presto possibile, oppure sarà la rovina!) devono ascoltare il loro elettorato e mantenere le promesse fatte. Su quest'ultimo punto, l'introduzione del voto di preferenza è auspicabile non tanto per le conseguenze che esso comporta sugli esiti delle votazioni ma, perchè richiesto a gran voce dai cittadini, è utile a riconquistare quella fiducia ormai persa.

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